Un caso recente, avvenuto presso un Centro Sportivo di proprietà della Polizia di Stato è diventato oggetto di discussione in cassazione. Un uomo scivolava a causa della presenza di un liquido definito dallo stesso come scivoloso sul bordo della piscina.
Dopo aver trascinato in giudizio sia il Ministero dell’Interno che il Fondo di Assistenza del personale della Polizia di Stato, vedeva accolta la sua istanza da parte della Corte d’Appello di Roma, dopo un rigetto in primo grado.
Il motivo della corte d’appello si basava sull’ex art. 2043 c.c. (neminem laedere) ovvero quello che identifica la presenza oggettiva di sostanze che normalmente non dovrebbero trovarsi nel luogo dell’incidente e quindi non visibili con l’attenzione dovuta da parte della vittima.
Ma la cassazione ribalta improvvisamente il verdetto, ribadendo un principio già noto e depositando la sentenza n. 9009/2015 dello scorso 6 maggio 2015. Il principio si lega alla natura intrinseca del bordo piscina, per forza di cose bagnato, e quindi causa di eventuali rischi che devono essere calcolati ed evitati a prescindere.
Viene quindi escluso quel nesso causale tra cosa e danno e quindi la responsabilità dei custodi dello spazio dove è avvenuto l’incidente.